
E’ un sogno certamente stravagante
È un sogno di Alda Merini che, nella poesia omonima, così recita in una strofa:
Cosi figli miei una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portato in salvo…
Ma, forse, a ben pensarci non è poi cosi “stravagante”, né, forse, soltanto suo.
Con linguaggi politici, sociologici, giuridici, economici, può essere capitato a tanti di esprimere il desiderio di possedere un guscio d’avorio, a cui tutti coloro che erano in naufragio potessero aggrapparsi per salvarsi dall’acqua.
IL LEGGIO ha fatto suo questo sogno, almeno per una serata; ha cercato di condividerlo con tutti coloro che – almeno una volta – hanno proclamato, o anche solo pensato, che potesse essere loro facoltà portare in salvo chi naviga nelle acque scure della difficoltà.
Chi ha preso parte ai presidi, chi ha riempito le piazze, chi ha cantato canzoni o scritto slogan è venuto con noi per mescolarsi ai migranti, per scoprirsi migrante anch’egli, per cogliere anche solo per qualche attimo, la sensazione dell’abbandono, del pericolo, della lontananza; ma anche della fame, della paura e della morte.
È un modo DIVERSO ma UGUALE di esprimere il nostro pensiero
perché, ci ricorda un passo che recitiamo nel nostro reading,
E’ DIFFICILE CAPIRE.
E per capire è necessario vedere, parlare,
leggere, cantare, danzare…
Pensare.
Ma forse non basta ancora.
Il modo migliore è mettersi nei panni di quegli “stranieri…”
15 DICEMBRE 2019
Spazio Famigli, Spilamberto
20 DICEMBRE 2019
Sala-Teatro della Parrocchia Gesù Redentore, Modena
Che fine
farà il popolo senza terra?
di
Gustavo Zagrebelsky
in “la Repubblica” del 19 novembre 2019
Da
quando la terra tutt’intera è stata suddivisa in porzioni su
ciascuna delle quali si esercita il dominio esclusivo da parte di
popolazioni residenti, da quando cioè lo spazio terrestre si
considera completo, privo di vuoti, le uscite sono ingressi in
territori altrui. Si potrebbe dire: i popoli, nello spazio della
sfera terrestre, sono vasi comunicanti.
Non sempre, però, chi
esce trova dove entrare. Faide tribali, guerre, carestie,
persecuzioni politiche religiose razziali, “pulizie etniche”
costringono interi popoli a cercare salvazione scappando dalla
propria terra senza che se ne offra un’altra. Si è, per così
dire, sospesi sul nulla e tu stesso sei ridotto a “nuda vita” che
può essere ignorata, offesa, soppressa. La violenza è estrema non
quando ti negano diritti, ma quando ti si dice: per te e per il tuo
popolo non c’è posto al mondo. Tutti hanno una patria, ma a te è
negata e, quando ti fosse negata da tutti, sarebbe come se l’intera
umanità ti dichiarasse guerra. Sei in trappola. Si può incominciare
da piccoli soprusi ma, passo dopo passo, si arriva alla violenza
finale. Il diritto di abitare una terra è precondizione di ogni
altro diritto.
Quando vedremo come sarà andata a finire, che
cosa diremo di noi? La civiltà che orgogliosamente chiamiamo
“Occidente” sarà in pace con sé stessa?