Verità estorte

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Reading 

Il testo della lettura teatralizzata alterna fonti storiche e pagine di invenzione: le testimonianze riguardanti il processo per stregoneria  di Ursolina la rossa svoltosi a Modena nel 1539 e di cui si conservano i verbali presso l’Archivio di Stato cittadino dialogano idealmente con le vicende di Antonia, personaggio creato dalla fantasia di Sebastiano Vassalli nel romanzo “La Chimera”.
Nel testo del reading Verità estorte, a cura di Sandra Tassi, le due storie vengono disposte in alternanza, in un’elaborazione che coniuga storia e immaginario collettivo.

PROGRAMMA

Venerdì 14 Settembre e Sabato 15 settembre 2018

17:00 – 18:30 Visita guidata alla mostra “Il giudice e la strega” a cura dell’Archivio di Stato con l’opportunità di visionare documenti relativi all’Inquisizione a Modena dal XVI al XVIII secolo e in particolare riguardanti i processi per eresia e legati alle accuse per stregoneria.

19:00 – 20:30 Reading “La verità estorta

presso ARCHIVIO DI STATO- MODENA – Corso Cavour, 21

AL LEGGIO:

Narratore:  Adriana Guerrieri
Inquisitore:  Santino Pirronello
Strega Ursolina:  Sandra Tassi
Antonia:  Maria Carolina Hansberg
Don Teresio:  Luca Paolini
Biagio:  Orazio José Lombardi
Primo Uomo:  Mario Mazzucchelli
Secondo Uomo:  Giorgio Marinelli
Prima Comare:  Rita Tarabusi
Seconda Comare:  Mara Marchesini
Sorella maggiore di Biagio:  Mariella Leonardi
Sorella minore di Biagio:  Daniela De Marco

Danzatrice:  Angela Tampelloni  (EIDOS Danza)


Coordinamento tecnico: 
Diego Toschi

APPROFONDIMENTI


Il “Malleus maleficarum”

“Martello delle streghe”, il manuale più consultato per la caccia alla streghe, è un testo latino pubblicato nel 1487 dai frati domenicani Jacob Sprenger ed Heirich Kramer redatto allo scopo di reprimere la stregoneria; tale manuale non fu mai riconosciuto dalla Chiesa cattolica, ma riscosse consensi presso tutti gli inquisitori e in autorevoli ecclesiastici, tanto che ne vennero pubblicate 34 edizioni e stampate oltre trentacinquemila copie.

La storia della strega di Monteccucolo

Lei era una povera donna conosciuta come “Ursolina vulgariter ditta La Rossa“, al secolo Ursolina La Rossa di Sasso Rosso. Ma come era potuto succedere che una semplice, seppur stramba, donna di paese fosse finita nelle rete della Santa Inquisizione? I padri inquisitori le dissero che aveva la fama di essere strega e che, per di più, persone fidate l’avevano additata come tale. Ma naturalmente la verità era un’altra: in paese qualche nemico c’era… e poi quei capelli rossi certo non aiutavano, e non aiutava per niente quella sua passione di trafficare con le erbe, essere a conoscenza di qualche metodo per curare alcune semplici malattie…
Era l’anno 1539: Ursolina venne condotta davanti al tribunale del Sant’Uffizio competente di Modena insieme a sua figlia, anche lei considerata strega come la madre.
Dagli atti del processo si ricava che già dai primi interrogatori la donna “ammise” subito le sue colpe, la paura di essere torturata era molta; disse che era già da parecchi anni partecipava a dei sabba e cominciò a favoleggiare su questi riti. Ma all’inquisitore questo non bastava. Fu portata dunque nella sala delle torture, là dove doveva confessare tutta la verità in ogni minimo particolare.
Alle domande incalzanti rispose di sì: rinnegava la Madonna, la fede, e chiamava tre volte il diavolo che compariva sotto forma di un montone, così che lei gli saliva a cavallo e volavano nel cielo. Confessò di avere avuto col diavolo rapporti sessuali, tanto che diceva fosse dotato di un pene biforcuto.
Negli interrogatori successivi “la sete di verità” degli inquisitori non fu placata vista “la obstinazione et pertinacia della donna” e pertanto fu chiesta autorizzazione a sua Eccellenza il Vescovo di Ferrara per procedere al tormento con il fuoco. L’autorizzazione fu concessa. A Ursolina furono poste le braci ardenti sotto i piedi e gridò “Toliti via il foco che volgio dire la verità” .I padri la ammonirono nuovamente di dire la verità e Ursolina fu un fiume in piena: “Io rinnego Cristo, la Vergine Maria ed i suoi santi e non voglio che Dio e la Vergine abbiano parte in me.“; riferì di unguenti miracolosi fatti con grasso di “cristiano”, confessò di aver ucciso bambini dissanguandoli, scese in particolari raccapriccianti tanto da sorprendere gli stessi inquisitori.
Ormai, dopo le terribili torture molto probabilmente non vedeva l’ora di morire, ma così non fu. Il Sant’Uffizio le lasciò la possibilità di fare abiura (in caso contrario sarebbe finita sul rogo), di rinunciare al diavolo e alle sue tentazioni e di promettersi a Dio per il resto della sua vita, non prima di aver scontato penitenze pubbliche.
Ursolina accettò, probabilmente salvando così anche la figlia. Dopo l’abiura fu condotta all’ingresso del Duomo di Modena, in ginocchio con una corda al collo: molti si fermavano a schernirla, a maledirla e a minacciarla. E così pure il giorno dopo avrebbe dovuto umiliarsi allo stesso modo davanti ad un’altra chiesa della città, e poi così ancora per altre due domeniche come specificava l’editto di penitenza. Solo dopo questo avrebbe potuto riprendere la strada per Sasso Rosso.
Una volta giunta in paese le regole ferree del tribunale però continuarono e la sua vita non fu più quella di una semplice donna di campagna.

La strega Antonia di Sebastiano Vassalli

La chimera di Sebastiano Vassalli è un romanzo storico – sociale intenso, ma è soprattutto una storia, quella di Antonia, che inizia il 17 gennaio 1590, quando viene abbandonata in fasce sul torno della Pia Casa di San Michele, a Novara, e viene accolta dalle monache. Crescendo diventerà bella al punto che nessuno si attenterà ad adottarla, preferendo le ragazze gobbe e storpie che allontanano i maschi e, con loro, i rischi di gravidanze.
Tuttavia, all’età di dieci anni Antonia viene finalmente adottata da una coppia di contadini della Bassa Valsesia e si trasferisce con loro a Zardino, un piccolo borgo nelle campagne novaresi, una vita tranquilla fino all’arrivo del nuovo parroco, Don Teresio: egli pretende decime e offerte e terrorizza i contadini ignoranti con la paura dell’inferno e del diavolo. I guai iniziano anche per Antonia, che osa criticare i metodi del nuovo parroco, guadagnandosi una scomunica. Da quel momento, in paese cominciano a diffondersi strane dicerie su di lei: è così bella e non ha ancora il fidanzato, forse è lei la causa di tutte le sventure del paese, come le misteriose morti di animali, l’afasia che colpisce i bambini e le scarse precipitazioni.
Si consolida così l’opinione pubblica secondo cui Antonia non è altro che una strega, e la faccenda finisce direttamente nella mani del Tribunale dell’Inquisizione di Novara, dove inizia il processo alla strega di Zardino. Dopo esser imprigionata con l’accusa di stregoneria, Antonia resta in carcere, per poi essere condannata a morte sul rogo il 20 agosto 1610. Antonia va incontro alla sua morte determinata a non piegarsi alle pressioni e alle violenze subite dai suoi inquisitori e dai suoi carcerieri. Quando la prima fiamma del rogo si innalza, si sentono già i primi applausi e urla di gioia dei presenti: celebrazione di un macabro trionfo.

IL LEGGIO riprende e ripropone uno dei filoni cardine inerenti al tema centrale dell’edizione 2018 del Festival della Filosofia
Il reading, infatti, elabora fonti storiche e si svolgerà nell’Archivio di Stato di Modena, luogo deputato alla conservazione dei documenti relativi ai processi per stregoneria avvenuti nella nostra città.
Dal momento che il “sabba” occupa un posto centrale all’interno dei processi, come principale capo d’accusa, il reading offrirà lo spunto per riflettere anche sul fatto che un «mito» considerato vero dagli Inquisitori deve essere trasformato in verità effettiva mediante la tortura, l’intimidazione e l’interrogatorio suggestivo.

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